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      Parlossi ancora tra loro della causa de' pisani, trattata tutto l'anno medesimo da' fiorentini con l'uno e con l'altro. Perché il re di Francia, quando si preparava contro a' genovesi, essendo sdegnato contro a loro per i favori davano a' genovesi, e parendogli opportuno alle cose sue che i fiorentini recuperassino quella città, aveva data loro speranza, ottenuto che avesse Genova, mandarvi l'esercito, nel quale e in tutta la corte era, per la medesima cagione, convertita in odio la benivolenza antica de' pisani; ma espedita la impresa di Genova mutò consiglio, per le cagioni che lo indussono a licenziare l'esercito, e per non offendere l'animo del re di Aragona, che affermava che disporrebbe i pisani a ritornare concordemente sotto 'l dominio de' fiorentini: dalla qual cosa il re di Francia sperava conseguire da' fiorentini quantità grande di danari. A questo medesimo, benché per diverse cagioni, si indirizzava l'animo del re di Aragona: al quale sarebbe stato piú grato che i fiorentini non recuperassino Pisa, ma conoscendo non si potere piú conservarla senza spesa e senza difficoltà, e dubitando non la ottenessino per mezzo del re di Francia, aveva sperato di potere con l'autorità sua, quando era a Napoli, indurre i pisani a ricevere con oneste condizioni il dominio de' fiorentini, i quali gli promettevano, succedendo questo, di confederarsi seco e di donargli in certi tempi cento ventimila ducati; ma non avendo trovata ne' pisani quella corrispondenza della quale gli aveano prima data intenzione, per interrompere che il premio non fusse solamente del re di Francia, aveva detto apertamente agli oratori de' fiorentini che, in qualunque modo tentassino di recuperare Pisa senza l'aiuto suo, farebbe loro manifesta opposizione; e al re di Francia, per rimuoverlo da' pensieri di tentare l'armi, ora mostrava di confidare di indurgli a qualche composizione ora diceva i pisani essere sotto la sua protezione: benché questo fusse falso, perché era vero i pisani averla piú volte dimandata e offerto di dargli assolutamente il dominio, ma egli, dando loro sempre speranza di ricevergli, e facendo fare il medesimo piú amplamente al gran capitano, non mai l'aveva accettato.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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