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      Non temo adunque che per cupidità delle nostre terre il re di Francia si precipiti a sí imprudente deliberazione; e manco, a mio giudizio, vi si precipiterà per sospetto che abbia di noi, perché oltre alla esperienza lunga che ha veduto dell'animo nostro, non ci essendo mancati molti stimoli e molte occasioni di partirci dalla sua confederazione, le ragioni medesime che assicurano noi di lui assicurano medesimamente lui di noi; perché nessuna cosa ci sarebbe piú perniciosa che l'avere il re de' romani stato in Italia, sí per l'autorità dell'imperio, l'augumento del quale ci ha sempre a essere sospetto, sí per conto della casa d'Austria che pretende ragione in molte terre nostre, sí per la vicinità della Germania, le inondazioni della quale sono troppo pericolose al nostro dominio: e abbiamo pure nome per tutto di maturare le nostre deliberazioni, e peccare piú tosto in tardità che in prestezza. Non nego che queste cose possono succedere diversamente dalla opinione degli uomini, e però, che quando si potesse facilmente assicurarsene sarebbe cosa laudabile; ma non si potendo, senza entrare in grandissimi pericoli e difficoltà, è da considerare che spesso sono cosí nocivi i timori vani come sia nociva la troppa confidenza: perché, se noi ci confederiamo col re de' romani contro al re di Francia, bisogna che la guerra si cominci e si sostenga co' danari nostri, co' quali aremo a supplire eziandio a tutte le prodigalità e disordini suoi; altrimenti o si accorderà con gl'inimici o si ritirerà in Germania, lasciando a noi soli tutti i pesi e pericoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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