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      Aveva Cesare, vedendosi abbandonato da tutti e desideroso di levarsi in qualche modo dal pericolo, insino quando le genti sue furono rotte a Cadoro, mandato Pré Luca suo uomo a Vinegia a ricercare di fare tregua con loro per tre mesi; la quale dimanda era stata sprezzata da quel senato, disposto a non fare tregua per minore tempo di uno anno, né in modo alcuno se medesimamente non vi si comprendeva il re di Francia: ma crescendo i suoi pericoli, perduto già Triesti, e ogni cosa succedendo in peggio, il vescovo di Trento, come da sé, invitò i viniziani a fare tregua, proponendo che con questo fondamento si aveva da sperare di potere fare la pace. I viniziani risposono, che poiché la pratica non si proponeva piú a loro soli ma in modo che eziandio il re di Francia vi poteva intervenire, non averne l'animo alieno: dal quale principio introdotto il ragionamento, si convennono a parlare insieme il vescovo di Trento e il Serentano segretario di Massimiliano, e per il re di Francia il Triulzio e Carlo Giuffré presidente del senato di Milano, mandato da Ciamonte per questa pratica, e per i viniziani Zacheria Contareno, oratore destinato particolarmente a questo negozio. Convenivano facilmente nell'altre condizioni, perché del tempo concordavano durasse per tre anni, che ciascuno possedesse come possedeva di presente, con facoltà di edificare e fortificare ne' luoghi occupati; ma la difficoltà era che i franzesi volevano si facesse tregua generale, includendovi eziandio i confederati che aveva ciascuno fuora d'Italia, e specialmente il duca di Ghelleri, e a questo stavano molto ostinati gli agenti di Massimiliano, che aveva volto totalmente l'animo allo eccidio di quel duca, e allegavano che la guerra era tutta in Italia, però non essere né conveniente né necessario parlare se non delle cose d'Italia; in che i viniziani facevano ogni opera perché si sodisfacesse al desiderio del re di Francia, ma non sperando piú di potervi piegare i tedeschi erano inclinati ad accettare la tregua nel modo consentito da loro, inducendogli il desiderio di rimuoversi una guerra che tutta si riduceva nello stato loro, e la volontà anche di confermarsi, mediante la tregua de' tre anni, le terre che in questo moto avevano conquistate; e si scusavano a' franzesi, con verissima ragione, che non essendo l'uno e l'altro di loro tenuti se non alla difesa delle cose d'Italia e in su questo fondata la loro confederazione, non appartenere a loro pensare alle cose di là da' monti; le quali se non erano tenuti a difenderle con le armi non erano anche tenuti a pensare di assicurarle con la tregua.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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