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      Perché il re di Francia, come intese il campo inimico essere intorno a Trevi, parendogli che la perdita di quel luogo quasi in su gli occhi suoi gli togliesse molto della reputazione, si mosse subitamente da Milano per soccorrerlo, e condotto, il dí poi che era stato preso Trevi che fu il nono di maggio, in sul fiume presso a Casciano, ove prima per l'opportunità di Casciano erano stati senza difficoltà gittati tre ponti in sulle barche, passò con tutto l'esercito, senza farsi dagli inimici dimostrazione alcuna di resistergli; maravigliandosi ciascuno che oziosamente perdessino tanta occasione di assaltare la prima parte delle genti che fusse passata, ed esclamando il Triulzio, quando vedde passarsi senza impedimento: - Oggi, o re cristianissimo, abbiamo guadagnato la vittoria. - La quale occasione è manifesto che medesimamente fu conosciuta e voluta usare dai capitani, ma non fu mai in potestà loro, né con autorità né con prieghi né con minaccie, fare uscire di Trevi i soldati, occupati nel sacco e nella preda: al quale disordine non bastando alcuno altro rimedio a provedere, l'Alviano per necessitargli a uscire fece mettere fuoco nella terra; ma fu fatto questo rimedio tanto tardi che già i franzesi con grandissima letizia erano interamente passati, beffandosi della viltà e del poco consiglio degli inimici.
      Alloggiò il re con l'esercito poco piú di uno miglio vicino allo alloggiamento de' viniziani, posto in luogo alquanto rilevato e, per il sito e per i ripari fatti, forte in modo che non si poteva senza manifesto pericolo andare ad assaltargli; ove consultandosi in quale modo si dovesse procedere, molti di quegli che intervenivano ne' consigli del re, persuadendosi che l'armi di Cesare avessino presto a sentirsi, confortavano che si procedesse lentamente, perché essendo ne' fatti d'arme migliori le condizioni di colui che aspetta di essere assaltato che di chi cerca di assaltare altri, la necessità costrignerebbe i capitani viniziani, vedendosi impotenti a difendere quello imperio da tante parti, a cercare di fare la giornata.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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