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      Ma fattasi innanzi per questo pericolo la battaglia dell'esercito franzese, nella quale era la persona del re, si serrorono i due primi squadroni addosso alla gente dell'Alviano; il quale per il principio felice venuto in grandissima speranza della vittoria, correndo in qua e in là, riscaldava e stimolava con ardentissime voci i soldati suoi. Combattevasi da ogni parte molto ferocemente, avendo i franzesi per il soccorso de' suoi ripigliato le forze e l'animo, ed essendo la battaglia ridotta in luogo aperto ove i cavalli, de' quali molto prevalevano, si potevano liberamente maneggiare; accesi ancora assai per la presenza del re il quale, non avendo maggiore rispetto alla persona sua che se fusse stato privato soldato, esposto al pericolo dell'artiglierie non cessava, secondo che co' suoi era di bisogno, di comandare, di confortare, di minacciare: e da altra parte i fanti italiani, inanimiti da' successi primi, combattevano con vigore incredibile, non mancando l'Alviano di tutti gli offici convenienti a eccellente soldato e capitano. Finalmente, essendosi con somma virtú combattuto circa a tre ore, la fanteria italiana danneggiata maravigliosamente nel luogo aperto da' cavalli degli inimici, ricevendo oltre a questo non piccolo impedimento che nel terreno diventato lubrico per grandissima pioggia, sopravenuta mentre si combatteva, non potevano i fanti combattendo fermare i piedi, e sopratutto mancandogli il soccorso de' suoi, cominciò a combattere con grandissimo disavvantaggio; e nondimeno resistendo con gran


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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