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      Dette questa cosa qualche cominciamento di speranza e di sicurtà a' viniziani. Ma gli assicurò molto piú dal terrore estremo dal quale erano oppressi la deliberazione del re di Francia, di osservare con buona fede la capitolazione fatta con Cesare e, poiché aveva acquistato tutto quello che aspettava a sé, non entrare con lo esercito piú oltre che fussino i termini suoi. Però, essendo in potestà sua non solo accettare Verona, gl'imbasciadori della quale città venneno a lui per darsegli, presa che ebbe Peschiera, ma similmente occupare senza ostacolo alcuno Padova e l'altre terre abbandonate da' viniziani, volle che gli imbasciadori de' veronesi presentassino le chiavi della terra agli imbasciadori di Cesare che erano nello esercito suo. E per questa cagione si fermò con tutte le genti a Peschiera; la quale terra, invitato dalla opportunità del luogo, ritenne per sé, non ostante che appartenesse al marchese di Mantova, perché insieme con Asola e Lunato era stata occupata da' viniziani: non avendo ardire di negarlo il marchese, al quale riservò l'entrate della terra e promesse di ricompensarlo con cosa equivalente. E aveva ne' medesimi dí ricevuta per accordo la fortezza di Cremona, con patto che a tutti i soldati fusse salva la vita e la roba, eccetto quegli che fussino sudditi suoi, e che i gentiluomini viniziani a' quali dette la fede di salvare la vita fussino suoi prigioni. Seguitorono l'esempio di Verona, Vicenza Padova e l'altre terre, eccetto la città di Trevisi; la quale, abbandonata già da' magistrati e dalle genti de' viniziani, arebbe fatto il medesimo, se di Cesare fusse apparito o forze benché minime o almeno persona di autorità. Ma essendovi andato per riceverla in suo nome, senza forze senza armi senza maestà alcuna di imperio, Lionardo da Dressina fuoruscito vicentino, che per lui aveva nel modo medesimo ricevuto Padova, ed essendo già stato ammesso dentro, gli sbanditi di quella città stati nuovamente restituiti da' viniziani, e per questo beneficio amatori del nome loro, cominciorno a tumultuare; dietro a' quali sollevandosi la plebe affezionata allo imperio viniziano, e facendosene capo uno Marco calzolaio, il quale con concorso e grida immoderate della moltitudine portò in su la piazza principale la bandiera de' viniziani, cominciorono a chiamare unitamente il nome di san Marco, affermando non volere riconoscere né altro imperio né altro signore: la quale inclinazione aiutò non poco uno oratore del re d'Ungheria, che andando a Vinegia e passando per Trevisi, scontratosi a caso in questo tumulto, confortò il popolo a non si ribellare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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