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      Né confidandosi totalmente alla grossezza e bontà del muro antico, con tutto che prima l'avessino diligentemente riveduto e dove era di bisogno riparato, e tagliato tutti i merli, fatti dal lato di dentro, per quanto gira la città tutta, steccati con alberi e altri legnami distanti dal muro quanto era la sua grossezza, empierono questo vano, insino all'altezza del muro, di terra consolidatavi con grandissima diligenza. La quale opera maravigliosa e di fatica inestimabile, e nella quale si era esercitata moltitudine infinita d'uomini, non assicurando ancora alla sodisfazione intera di chi era disposto a difendere quella città, avevano, dopo il muro cosí ingrossato e raddoppiato, cavato uno fosso alto e largo sedici braccia; il quale, ristringendosi nel fondo e avendo per tutto casematte e torrioncelli pieni di artiglieria, pareva impossibile a pigliare: ed erano quegli edifici, a esempio de' bastioni, con avere la cava di sotto, disposti in modo da potersi facilmente con la forza del fuoco rovinare. E nondimeno, per essere piú preparati a ogni caso, alzorono dopo il fosso uno riparo della medesima o maggiore larghezza, che si distendeva quanto tutto il circuito della terra, da pochi luoghi infuora a' quali si conosceva essere impossibile piantare l'artiglieria; innanzi al quale riparo feciono uno parapetto di sette braccia, che proibiva che quegli che fussino a difesa del riparo non potessino essere offesi dall'artiglierie degli inimici. E perché a tanti apparati e fortificazioni corrispondessino prontamente gli animi de' soldati e degli uomini della terra, il conte di Pitigliano, convocatigli in su la piazza di Santo Antonio e confortatigli con gravi e virili parole alla salute e onore loro, astrinse se medesimo con tutti i capitani e con tutto l'esercito e i padovani a giurare solennemente di perseverare insino alla morte fedelmente nella difesa di quella città.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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