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      Ma era tale la fortezza del fosso, tale la virtú de'
      difensori (tra' quali il Zitolo da Perugia combattendo con somma laude fu ferito gravemente), tale la copia degli instrumenti da difendersi, non solo di artiglierie ma di sassi e di fuochi lavorati, che e' furono necessitati impetuosamente scenderne, essendo feriti e morti molti di loro: donde l'esercito, che era ordinato per dare, come si credeva, subito che il bastione fusse spugnato, la battaglia alla muraglia, si disarmò senza avere tentato cosa alcuna.
      Perdé Cesare per questa esperienza interamente la speranza della vittoria; e però, deliberato di partirsene, condotta che ebbe l'artiglieria in luogo sicuro, si ritirò con tutto l'esercito alla terra di Limini che è verso Trevigi, il settimo decimo dí dapoi che si era accampato a Padova, e poi continuamente si condusse in piú alloggiamenti a Vicenza; ove ricevuto il giuramento della fedeltà dal popolo vicentino, e dissoluto quasi tutto l'esercito, andò a Verona: disprezzato, perché non erano successi ma molto piú perché erano, e nello esercito e per tutta Italia, biasimati maravigliosamente i consigli suoi, e non meno le esecuzioni delle cose deliberate. Perché non era dubbio che e il non avere acquistato Trevigi e l'avere perduto Padova era proceduto per colpa sua; similmente, che la tardità del suo venire innanzi avea fatta difficile l'espugnazione di Padova, perché da questo era nato che i viniziani avevano avuto tempo a provedersi di soldati, a empiere Padova di vettovaglie e a fare quelle riparazioni e fortificazioni maravigliose.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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