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      Rotta l'armata, mandò subito Alfonso trecento cavalli e cinquecento fanti per rompere l'altra armata che aveva preso Comacchio; i quali, avendo recuperato Loreto fortificato da i viniziani, si crede che arebbono rotta l'armata se quella, conosciuto il pericolo, non si fusse ritirata alle Bebie. Questo fine ebbe in spazio di uno mese l'assalto di Ferrara; nel quale lo evento, che spesso è giudice non imperito delle cose, manifestò quanto fusse piú prudente il consiglio de' pochi che confortavano che, lasciate l'altre imprese e riservati a maggiore opportunità i danari, si attendesse solamente alla conservazione di Padova e di Trevigi e dell'altre cose ricuperate, che di quegli che piú di numero ma inferiori di prudenza, concitati dall'odio e dallo sdegno, erano facili a implicarsi in tante imprese: le quali, cominciate temerariamente, partorirono alla fine spese gravissime, con non mediocre ignominia e danno della republica.
     
      Lib.8, cap.15
     
      Massimiliano si ritira dal Veneto. Posizione di Verona. Vane trattative di tregua tra Massimiliano e i veneziani. Accordi tra Massimiliano e il re d'Aragona per il regno di Castiglia. Nuovi sospetti del pontefice verso il re di Francia. Morte del conte di Pitigliano.
     
      Ma dalla parte di Padova succedevano per i viniziani piú presto le cose prospere che altrimenti. Perché trovandosi Cesare nel vicentino con quattromila fanti, una parte non molto grande delle genti dei viniziani, con aiuto de' villani del paese, presono quasi in su gli occhi suoi il passo della Scala, e appresso il Cocollo e Basciano, luogo importante per impedire chi della Magna volesse passare in Italia; ed egli, lamentandosi che per la partita della Palissa fussino succeduti molti disordini, se ne andò a Bolzano, per trasferirsi alla dieta che per ordine suo si aveva a tenere in Spruch.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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