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      Aveva il pontefice molto prima ricevutigli, come appariva per uno breve, nella sua protezione, ma si scusava che le condizioni de' tempi presenti lo costrignevano a procurare che quelle terre non fussino tenute da persone sospette a sé; offerendo, se volontariamente gli erano concedute, di restituirle come prima avesse acquistato Ferrara. Fu dubitato insino allora (la quale dubitazione si ampliò poi molto piú) che il cardinale di Pavia, sospetto già d'avere occulto intendimento col re di Francia, fusse stato artificiosamente autore di questo consiglio, per interrompere con la impresa della Mirandola l'andare a campo a Ferrara; la quale città non era allora molto fortificata né aveva presidio molto grande, e i soldati franzesi stracchi col corpo e con l'animo dalle fatiche, il duca impotente e il re alieno dal farvi maggiori provedimenti.
      Ma mentre che il pontefice attendeva con tanto ardore all'espedizione della guerra, il re di Francia, intento piú alle pratiche che all'armi, continuava di trattare col vescovo di Gursia le cose cominciate: le quali, dimostratesi al principio molto facili, procedetteno in maggiore lunghezza per la tardità delle risposte di Cesare e perché, dubitando del re di Aragona (il quale, oltre all'altre azioni, aveva di nuovo, sotto colore che verso Otranto si fusse scoperta l'armata de' turchi, rivocato nel regno di Napoli le genti sue che erano a Verona), giudicorno Cesare e il re di Francia necessario di accertarsi della mente sua, cosí circa la continuazione nella lega di Cambrai come in quello che si avesse a fare col pontefice, perseverando egli nella congiunzione co' viniziani e nella cupidità di acquistare immediatamente alla Chiesa il dominio di Ferrara.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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