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      Facevanlo molto piú sospettare le dolcissime parole sue colle quali pregava quasi fraternalmente il re che facesse la pace col pontefice, rimettendo eziandio, quando altrimenti fare non si potesse, delle sue ragioni, per non si dimostrare persecutore della Chiesa, contro all'antica pietà della casa di Francia, e per non interrompere a lui la guerra destinata per esaltazione del nome di Cristo contro a' mori di Affrica, turbando in uno tempo medesimo tutta la cristianità; soggiugnendo essere stata sempre consuetudine de' príncipi cristiani, quando preparavano l'armi contro agli infedeli, domandare in causa tanto pia sussidio dagli altri, ma a lui bastare non essere impedito, né ricercarlo d'altro aiuto se non che consentisse che Italia stesse in pace. Le quali parole, benché porte al re dall'oratore suo e da lui proprio dette all'oratore del re risedente appresso a lui, molto destramente e con significazione grande di amore, pareva perciò che contenessino uno tacito protesto di pigliare l'armi in favore del pontefice: il che al re non pareva verisimile che ardisse di fare senza speranza di indurre Cesare al medesimo.
      Angustiavano queste cose non mediocremente l'animo del re, e l'empievano di sospetto che il trattare la pace per mezzo del vescovo Gurgense sarebbe opera o vana o perniciosa a sé; nondimeno, per non dare causa di indegnazione a Cesare, si risolvé a mandare a Mantova il vescovo di Parigi, prelato di grande autorità e dotto nella scienza delle leggi. In questo tempo medesimo significò il re a Gianiacopo da Triulzi, il quale fermatosi a Sermidi avea, per maggiore comodità dell'alloggiare e delle vettovaglie, distribuito in piú terre circostanti l'esercito, essere la volontà sua che da lui fusse amministrata la guerra; con limitazione che, per l'espettazione della venuta di Gurgense, non assaltasse lo stato ecclesiastico: alla qual cosa repugnando anche l'asprezza inusitata del tempo, per la quale, con tutto che fusse cominciato il mese di marzo, era impossibile alloggiare allo scoperto.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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