Pagina (938/2094)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      In contrario argomentavano i due imbasciadori aragonesi, dimostrando che tutta la speranza della pace dipendeva dal comporre le cose di Ferrara; perché composte quelle, non rimanendo al pontefice piú causa alcuna di sostentare i viniziani, sarebbono essi del tutto necessitati di cedere alla pace con quelle leggi che volesse Cesare medesimo. Pretendere il pontefice che la sedia apostolica avesse in sulla città di Ferrara potentissime ragioni: riputare, oltre a questo, Alfonso da Esti avere usato seco grande ingratitudine, avergli fatte molte ingiurie; e per mollificare l'animo suo gravemente sdegnato essere piú conveniente e piú a proposito che il vassallo dimandasse piú tosto clemenza al superiore che disputasse della giustizia. Dunque, avendosi a impetrare clemenza, essere non solamente onesto ma quasi necessario il trasferirsi a lui; il che facendo non dubitavano che molto mitigato diminuirebbe il rigore; né essi giudicare essere utile che quella diligenza industria e autorità che s'aveva a usare per disporre il pontefice alla pace si spendesse nel persuaderlo a mandare. Soggiugnevano, con parole bellissime, non si potere né disputare né terminare le differenze se non intervenivano tutte le parti, ma in Mantova non essere altri che una, perché Cesare il re cristianissimo e il re cattolico erano in tanta congiunzione di leghe, di parentadi e di amore che si dovevano riputare come fratelli, e che gli interessi di ciascuno di loro fussino comuni di tutti. Assentí finalmente Gurgense, con intenzione che 'l vescovo di Parigi, aspettando a Parma che partorisse l'andata sua, vi andasse anch'egli, se cosí piacesse al suo re, di andare al pontefice.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Ferrara Cesare Ferrara Alfonso Esti Mantova Cesare Gurgense Parigi Parma