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      Alle quali cose Gurgense poi che con molte ragioni ebbe replicato, né potendo rimuoverlo dalla sentenza sua, gli significò volersi partire senza dare altrimenti perfezione alla pace co' viniziani; e baciatigli secondo il costume i piedi, il dí medesimo, che fu il quintodecimo dalla venuta sua a Bologna, se ne andò a Modona; avendo invano il pontefice mandato a richiamarlo subito che fu uscito della città: onde si indirizzò verso Milano, lamentandosi in molte cose del pontefice, e specialmente che, mentre che per la venuta sua in Italia erano quasi sospese l'armi, avesse mandato secretamente per turbare lo stato di Genova... vescovo di Ventimiglia figliuolo già di Paolo cardinale Fregoso. Dell'andata del quale essendo penetrata notizia a' franzesi, lo feciono, cosí incognito come andava, pigliare nel Monferrato; onde condotto a Milano manifestò interamente le cagioni e i consigli della sua andata.
      Ricercò Gurgense, quando partí da Bologna, gli imbasciadori aragonesi (i quali, essendosi per quel che appariva affaticati molto per la pace comune, si dimostravano sdegnati della durezza del pontefice) che facessino ritornare nel reame di Napoli le trecento lancie spagnuole; il che essi prontamente acconsentirono. Donde ciascuno tanto piú si maravigliava che, nel tempo che si trattava del concilio, e che si credeva dovere essere potenti in Italia, con la presenza d'amendue i re, l'armi franzesi e tedesche, il pontefice, oltre all'inimicizia del re di Francia, si alienasse Cesare e si privasse degli aiuti del re cattolico.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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