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      Perché non avendo in quella città, sí grande e sí popolosa, piú che dugento cavalli leggieri e mille fanti, e perseverando piú che mai nella discordia col duca d'Urbino che era con l'esercito a Casalecchio, aveva, menato o dal caso o dal fato, soldati, del numero de' cittadini, quindici capitani; a' quali, insieme con le compagnie loro e col popolo, aveva dato cura della guardia della terra e delle porte: de' quali, non avendo egli avuto prudenza nello eleggergli, era la maggiore parte di quegli che erano affezionati a' Bentivogli; e tra questi Lorenzo degli Ariosti, il quale prima incarcerato e tormentato in Roma, per sospetto che avesse congiurato co' Bentivogli, era poi stato lungamente guardato in Castel Santo Agnolo. I quali come ebbeno l'armi in mano, cominciando a fare occulti ragionamenti e conventicole, e seminando nel popolo scandalose novelle, cominciò il legato ad accorgersi tardi della propria imprudenza; e per fuggire il pericolo nel quale da se medesimo si era posto, fatta finzione che cosí ricercasse il duca d'Urbino e gli altri capitani, volle che andassino con le compagnie loro nello esercito: ma rispondendo essi non volere abbandonare la guardia della terra, tentò di mettere dentro con mille fanti Ramazzotto, ma gli fu dal popolo vietato l'entrarvi. Onde ínvilito maravigliosamente il cardinale, e ricordandosi essere in sommo odio del popolo il governo suo, e avere nella nobiltà molti inimici, perché non molto innanzi aveva (benché, secondo disse, per comandamento del pontefice) fatto, procedendo con la mano regia, decapitare tre onorati cittadini come fu notte, uscito occultamente in abito incognito per uno uscio segreto del palazzo, si ritirò nella cittadella: e con tanta precipitazione che si dimenticasse di portarne le sue gioie e i suoi danari: le quali cose avendo poi subitamente mandato a pigliare, come l'ebbe ricevute, se ne andò per la porta del soccorso verso Imola, accompagnato con cento cavalli da Guido Vaina marito della sorella, capitano de' cavalli deputati alla sua guardia; e poco dopo lui uscí della cittadella Ottaviano Fregoso, non con altra compagnia che di una guida.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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