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      Ma alla fama dello approssimarsi a Verona la Palissa con mille dugento lancie e ottomila fanti si ridusse lo esercito loro verso Vicenza e Lignago, in luogo forte e quasi come in isola per certe acque e per alcune tagliate che avevano fatte: nel quale alloggiamento non stettono fermi molti dí perché essendo la Palissa arrivato con parte delle genti a Verona, e uscito subito, senza aspettarle tutte, insieme co' tedeschi in campagna, si ritirò quasi come fuggendo a Lunigo; e dipoi col medesimo terrore, abbandonata Vicenza e tutte l'altre terre e il Pulesine di Rovigo, preda ora de viniziani ora del duca di Ferrara, si distribuirno in Padova e Trevigi: alla difesa delle quali città vennono da Vinegia, nel modo medesimo che prima avevano fatto a Padova, molti giovani della nobiltà viniziana. Saccheggiò l'esercito franzese e tedesco Lonigo: e si arrendé loro Vicenza, diventata preda miserabile de' piú potenti in campagna. Ma ogni sforzo e ogni acquisto era di piccolissimo momento alla somma delle cose mentre che i viniziani conservavano Padova e Trevigi, perché con l'opportunità di quelle città, subito che gli aiuti franzesi si partivano da' tedeschi, recuperavano senza difficultà le cose perdute: però l'esercito, dopo questi progressi, stette fermo piú dí al Ponte a Barberano aspettando o la venuta o la determinazione di Cesare. Il quale, venuto da Trento e Roveré, intento in uno tempo medesimo a cacciare, secondo il costume suo, le fiere e a mandare fanti all'esercito, prometteva di venire a Montagnana; proponendo di fare ora la impresa di Padova ora quella di Trevigi ora di andare a occupare Roma, e in tutte per la instabilità sua variando e per l'estrema povertà trovando difficoltà: né meno che nelle altre, nell'andata di Roma, perché lo andarvi con tante forze de' franzesi pareva cosa molto aliena dalla sicurtà e dignità sua; e il pericolo che, assentandosi quello esercito, i viniziani non assaltassino Verona lo costringeva a lasciarla guardata con potente presidio; e il re di Francia faceva difficoltà di allontanare per tanto spazio di paese le genti sue dal ducato di Milano, perché pochissima speranza gli restava della concordia co' svizzeri: i quali, oltre al dimostrarsi inclinati a' desideri del pontefice, dicevano apertamente allo oratore del re di Francia essere molestissima a quella nazione la ruina de' viniziani, per la convenienza che hanno insieme le republiche.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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