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      Sentivansi per tutte le strade i mormorii della plebe: solere i concili addurre benedizioni pace concordia; questo addurre maladizioni guerre discordie; solersi congregare gli altri concili per riunire la Chiesa disunita, questo essere congregato per disunirla quando era unita; vulgarsi la contagione di questa peste in tutti che gli ricevevano che gli ubbidivano che gli favorivano che in qualunque modo con essi conversavano, che gli udivano o che gli guardavano; né si potere dalla venuta loro aspettare altro che sangue che fame che pestilenza che, finalmente, perdizione de' corpi e dell'anime. Raffrenò queste voci già quasi tumultuose Gastone di Fois, il quale, pochi mesi innanzi alla partita di Longavilla, era stato preposto dal re al ducato di Milano e all'esercito; perché con gravissimi comandamenti costrinse il clero a riassumere la celebrazione degli uffici, e il popolo a parlare in futuro modestamente.
      Procedevano per queste difficoltà poco felicemente i princípi del concilio. Ma turbava molto piú le speranze de' cardinali, che Cesare, differendo di giorno in giorno, non mandava né prelati né procuratori; con tutto che, oltre a tante promesse fatte prima, avesse affermato al cardinale di San Severino, e continuamente affermasse al re di Francia, volergli mandare: anzi, nel tempo medesimo, o allegando per scusa, o essendone fatto capace da altri, non essere secondo la sua degnità mandare al concilio pisano i prelati degli stati propri se il medesimo non si faceva in nome di tutta la nazione germanica, aveva convocati in Augusta i prelati di Germania per deliberare come nelle cose di quel concilio si dovesse comunemente procedere; affermando però a' franzesi che con questo mezzo gli condurrebbe tutti a mandarvi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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