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      Il re di Francia chiede a' fiorentini che concorrano con aiuti alla guerra. Contrastanti opinioni in Firenze. Il Guicciardini inviato come ambasciatore al re d'Aragona.
     
      Interrotte del tutto le pratiche della pace, furno i primi pensieri del re che, come la Palissa, il quale [avea] lasciati in Verona tremila fanti per mitigare Cesare sdegnato della partita sua, avesse ricondotto il resto delle [genti] nel ducato di Milano, che soldati nuovi fanti e raccolto insieme tutto l'esercito si assaltasse la Romagna; sperando, innanzi che gli spagnuoli vi si fussero approssimati, occuparla o in tutto o in parte, e dipoi o procedere piú oltre secondo l'occasioni o sostenere la guerra nel territorio d'altri insino alla primavera: al qual tempo, passando in Italia personalmente con tutte le forze del suo regno, sperava dovere essere per tutto superiore agli inimici. Le quali cose mentre che disegna, procedendo piú lente le deliberazioni che per avventura non comportavano l'occasioni, e ritraendo il re da molti provedimenti e specialmente da soldare di nuovo fanti l'essere per natura alienissimo dallo spendere, sopravenne sospetto che i svizzeri non si movessino. Della quale nazione perché sparsamente in molti luoghi si è fatta menzione, pare molto a proposito e quasi necessario particolarmente trattarne.
      Sono i svizzeri quegli medesimi che dagli antichi si chiamavano elvezi, generazione che abita nelle montagne piú alte [di Giura, dette di San Claudio, in quelle di Briga e di San Gottardo], uomini per natura feroci, rusticani, e per la sterilità del paese piú tosto pastori che agricultori.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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