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      Non era, per l'ordinario, pari la cavalleria dell'esercito della lega alla cavalleria de' franzesi, e l'avevano il dí conquassata e lacerata in modo l'artiglierie che era diventata molto inferiore: però, poi che ebbe sostentato per alquanto spazio di tempo piú col valore del cuore che colle forze l'impeto degli inimici, e sopravenendo addosso a loro per fianco Ivo d'Allegri col retroguardo e co' mille fanti lasciati al Montone, chiamato dal la Palissa, e preso già da' soldati del duca di Ferrara Fabbrizio Colonna mentre che valorosamente combatteva, non potendo piú resistere voltò le spalle; aiutata anche dall'esempio de' capitani, perch
      é il viceré e Carvagial, non fatta l'ultima esperienza della virtú de' suoi, si messono in fuga conducendone quasi intero il terzo squadrone; e con loro fuggí Antonio De Leva, uomo allora di piccola condizione ma che poi, esercitato per molti anni in tutti i gradi della milizia, diventò chiarissimo capitano. Erano già stati rotti tutti i cavalli leggieri e preso il marchese di Pescara loro capitano, pieno di sangue e di ferite; preso il marchese della Palude, il quale per uno campo pieno di fosse e di pruni aveva condotto alla battaglia con disordine grande il secondo squadrone; coperto il terreno di cavalli e d'uomini morti; e nondimeno la fanteria spagnuola, abbandonata da' cavalli, combatteva con incredibile ferocia; e se bene nel primo scontro co' fanti tedeschi era stata alquanto urtata dall'ordinanza ferma delle picche, accostatasi poi a loro alla lunghezza delle spade, e molti degli spagnuoli coperti dagli scudi entrati co' pugnali tra le gambe de' tedeschi, erano con grandissima uccisione pervenuti già quasi a mezzo lo squadrone.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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