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      Le quali cose stabilite, fu eletto per il primo anno gonfaloniere Giovambatista Ridolfi, cittadino nobile e riputato molto prudente, riguardando il popolo (come si fa ne' tempi turbolenti) non tanto a quegli che per l'arti popolari gli erano piú grati quanto a uno che, con l'autorità grande che aveva nella città, massimamente appresso alla nobiltà, e con la virtú propria, potesse fermare lo stato tremante della republica. Ma troppo erano trascorse le cose, troppo potenti inimici avea la publica libertà: nelle viscere del dominio l'esercito sospetto; dentro, i piú audaci della gioventú cupidi d'opprimerla. La medesima era, benché colle parole dimostrasse il contrario, la volontà del cardinale de' Medici: il quale, insino da principio, non arebbe riputato premio degno di tante fatiche la restituzione de' suoi come privati cittadini; considerava al presente di piú che né anche questo sarebbe cosa durabile, perché insieme col nome suo sarebbono in sommo odio di tutti per il sospetto che continuamente stimolerebbe gli altri cittadini che essi non insidiassino alla libertà, e molto piú per lo sdegno che avessino condotto l'esercito spagnuolo contro alla patria, stati cagione del sacco crudelissimo di Prato, e che per il terrore dell'armi la città fusse stata costretta a ricevere cosí indegne e inique condizioni. Stimolavanlo al medesimo coloro che prima erano congiurati seco, e alcuni altri che nella republica bene ordinata non aveano luogo onorato. Ma era necessario il consentimento del viceré; il quale, aspettando il primo pagamento, che per le condizioni della città si espediva difficilmente, soggiornava ancora in Prato, né aveva, quale si fusse la cagione, l'animo inclinato che nella città si facesse nuova alterazione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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