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      Grave era a' viniziani il riconoscersi censuari di quelle terre le quali tanti anni aveano posseduto come proprie; grave il pagamento de' danari, con tutto che il pontefice offerisse prestarne loro una parte; piú grave il restituire Vicenza, allegando che, separando il ritenerla Cesare il corpo del loro stato, gli privava della comodità di passare dal capo e dall'altre membra principali all'altre membra, e perciò rimanere loro incerta e malsicura la possessione di Brescia, Bergamo e Crema. Allegavano oltre a questo, per fare la recusazione piú onesta, avere data la fede a' vicentini, quando ultimamente si arrenderono, di non separargli giammai da loro. Trattavansi altre controversie tra il pontefice e gli imbasciadori del re d'Aragona, proposte una parte piú per ricompenso delle querele degli altri che per speranza d'ottenerle. Perché il pontefice dimandava che quel re, secondo si disponeva nella confederazione, l'aiutasse ad acquistare Ferrara; dimandava lasciasse la protezione di Fabrizio e di Marcantonio Colonna, contro a' quali avea cominciato a procedere con l'armi spirituali, per avere violentata la porta lateranense, e ricettato Alfonso da Esti ribelle suo nelle terre delle quali il dominio diretto apparteneva alla Chiesa; dimandava rinunziasse alle protezioni, che avea accettate nella Toscana, de' fiorentini de' sanesi de' lucchesi e di Piombino, come fatte in diminuzione delle ragioni dello imperio e come sospette a Italia in comune e in particolare alla Chiesa, perché né agli altri potentati era utile che in Italia avesse tante aderenze, e alla Chiesa molto pericoloso che una provincia congiunta col dominio di quella dependesse dalla sua autorità. Alle quali cose replicavano gli spagnuoli: non si recusare di aiutarlo contro a Ferrara, purché, secondo l'obligazioni della medesima lega, pagasse i danari debiti all'esercito per il tempo passato e provedesse per il futuro; non essere cosa laudabile il procedere contro a Fabrizio e Marcantonio Colonna, perché [per] le dependenze che avevano e perché erano capitani di autorità, il perseguitarli sarebbe materia di nuovo incendio; non potere il re cattolico, senza pregiudicio grave dell'onore proprio, abbandonargli, né meritare tale rimunerazione le cose fatte in servigio del pontefice e suo dall'uno e l'altro di loro nella guerra contro al re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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