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      A' quali non volendo piú ritornare, contrasse, non sapendo ancora la morte del pontefice, la tregua; con tutto che non fusse publicata innanzi sapesse l'elezione del nuovo. E allegava, per giustificazione di questa inaspettata deliberazione, essergli stata violata la lega dal pontefice e da' viniziani, perché dopo la giornata di Ravenna non avevano mai voluto pagare i quarantamila ducati, come erano tenuti mentre che il re di Francia possedeva cosa alcuna in Italia: egli solo avere pensato al bene comune de' confederati né attribuito a sé i premi della vittoria comune, né possedere in Italia una piccola torre piú di quello che possedeva innanzi alla guerra; ma il papa avere pensato al particolare e fatte sue proprie le cose comuni, occupato Parma, Piacenza e Reggio, né pensato ad altro che a occupare Ferrara; la quale sua cupidità aveva disturbato l'acquistare le fortezze del ducato di Milano e la Lanterna di Genova: avere egli interposta tutta la sua diligenza e autorità per la concordia tra Cesare e i viniziani, ma il pontefice essersi per gli interessi propri precipitato a escludergli dalla lega; nella qualcosa avere fatto imprudentemente gli oratori suoi, che non avendo consentito, perché cosí sapeano essere la mente sua, che e' fusse nominato nel capitolo nel quale si introduceva la confederazione, l'avessino lasciato nominare in quello nel quale si escludevano i viniziani; né avere in questo maneggio corrisposto i viniziani al concetto che si aveva della prudenza loro, avendo tenuto tanto conto di Vicenza che, per non perderla, non avessino voluto liberarsi da' travagli della guerra: essergli impossibile nutrire, senza i pagamenti che gli erano stati promessi, l'esercito che aveva in Italia, e manco essergli possibile sostenere tutta la guerra a' confini de' regni suoi, come conosceva desiderare e procurare tutti gli altri: né dissimulare il pontefice il desiderio già indirizzato di torgli il regno di Napoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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