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      Perciò il viceré, avendo in animo di partirsi, richiamò i soldati che sotto il marchese di Pescara erano in Alessandria e in Tortona, significando (come fu fama) nel tempo medesimo al Triulzio la sua deliberazione, acciò che il re di Francia ricevesse in grazia la partita. Ma non eseguí subito questo consiglio, perché i svizzeri, ardentissimi alla difesa del ducato di Milano, aveano per publico decreto mandati cinquemila fanti e davano speranza di mandarne numero molto maggiore; anzi dimostrando, il contrario, mandò Prospero Colonna a trattare co' svizzeri in qual luogo si avessino a unire insieme contro a' franzesi, o perché avesse ricevuto avviso a Cesare essere stata molestissima la tregua fatta, o dal suo re nuove commissioni che seguitasse la volontà del pontefice; il quale, combattendo in lui da una parte la piccola speranza dall'altra la propria inclinazione, perseverava ancora nelle medesime perplessità. E nondimeno, essendo i svizzeri venuti nel tortonese, ove Prospero aveva data intenzione che il viceré verrebbe a unirsi, interponendo varie scuse, gli ricercò che venissino a unirsi in sulla Trebbia: dalla quale domanda essi comprendendo la diversità della volontà dalle parole, risposono ferocemente non ricercare questo il viceré per andare a mostrare la fronte agli inimici ma per voltare con sicurtà maggiore le spalle, non importare niente a' svizzeri se aveva timore di combattere co' franzesi, quel medesimo stimare il suo andare il suo stare il suo fuggirsi; essi bastare soli a difendere il ducato di Milano contro a ciascuno.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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