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      Durò la battaglia circa due ore, con danno gravissimo delle parti. De' svizzeri morirno circa mille cinquecento, tra quali Mottino, autore di cosí glorioso consiglio; percosso, mentre ferocemente combatteva, nella gola da una picca. Degli inimici, numero molto maggiore: dicono alcuni diecimila; ma de' tedeschi fu morta la maggiore parte nel combattere: de' fanti franzesi e guasconi fu morta la maggiore parte nel fuggire. Salvossi quasi tutta la cavalleria, non gli potendo perseguitare i svizzeri, i quali se avessino avuti cavalli gli arebbono facilmente dissipati: con tanto terrore si ritiravano. Rimasono in preda a' vincitori tutti i carriaggi, ventidue pezzi d'artiglieria grossa e tutti i cavalli diputati per uso loro. Ritornorno i vincitori quasi trionfanti, il dí medesimo, in Novara; e con tanta fama per tutto il mondo che molti aveano ardire, considerato la magnanimità del proposito, il dispregio evidentissimo della morte, la fierezza del combattere e la felicità del successo, preporre questo fatto quasi a tutte le cose memorabili che si leggono de' romani e de' greci. Fuggirono i franzesi nel Piemonte; donde, gridando invano il Triulzio, passorno subitamente di là da' monti.
      Ottenuta la vittoria, Milano e l'altre terre che si erano aderite a' franzesi mandorno a dimandare perdono, il quale fu conceduto, ma obligandosi a pagare quantità grande di danari; i milanesi dugentomila ducati, gli altri secondo le loro possibilità; e tutti si pagavano a' svizzeri, a' quali della vittoria acquistata colla virtú e col sangue loro si doveva giustamente non meno l'utilità che la gloria.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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