Pagina (1164/2094)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Ma in Verona erano trecento cavalli e tremila fanti tedeschi sotto Roccandolf, capitano di molto nome, i quali valorosamente si difendevano; dalla rottura del muro al discendere in terra era non piccolo spazio di altezza; né per i veronesi si faceva, secondo le speranze date, movimento: onde l'Alviano, vedendo la difficoltà dell'espugnarla, ritirò i fanti suoi dalle mura, e già aveva cominciato a discostare l'artiglierie. Ma mutata in un momento sentenza (credettesi per imbasciata ricevuta da quegli di dentro), fatti ritornare i fanti alla muraglia, rinnovò con maggiore ferocia che prima l'assalto. Ma erano le medesime che prima le difficoltà dell'ottenerla, la medesima tiepidezza in coloro che l'aveano chiamato; in modo che disperata del tutto la vittoria, ammazzati nel combattere piú di dugento uomini de' suoi, tra' quali Tommaso Fabbro da Ravenna conestabile di fanti, levate con maravigliosa prestezza dalle mura l'artiglierie, ritornò il dí medesimo allo alloggiamento dal quale la mattina si era partito: non lodata in questo dí né per il consiglio né per l'evento, ma celebrata sommamente per tutta Italia, la sua celerità, che in un giorno solo avesse fatto quel che con fatica gli altri capitani in tre o quattro giorni sogliono fare. Dette poi il guasto al contado, tentando se con questo timore poteva costrignere i Veronesi ad accordarsi. Ma già veniva innanzi lo esercito spagnuolo: perché il viceré, intesa che ebbe la perdita di Lignago, né ritardato piú, per il prospero successo, dalle cose di Genova, dubitando che, o per timore del guasto o per la mala disposizione de' cittadini, Verona non aprisse le porte a' viniziani, del


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Verona Roccandolf Alviano Tommaso Fabbro Ravenna Italia Veronesi Lignago Genova Verona