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      Ma non perciò partendosi dalle prime deliberazioni, che alla libertà comune fusse molto pernicioso che il ducato di Milano pervenisse in potere di Cesare e del re cattolico ma dannoso anche che e' fusse recuperato dal re di Francia, gli era molto difficile procedere, e bilanciare le cose in modo che i mezzi che giovavano all'una di queste intenzioni non nocessino a l'altra; conciossiaché l'uno de' pericoli nascesse dalla bassezza e dal timore, l'altro dalla grandezza e dalla sicurtà del re di Francia. Però, per liberare quel re dalla necessità di accordarsi con loro, continuava di confortare i svizzeri, a' quali era sospetta la tregua fatta, di comporsi con lui; e per difficultargli in qualunque evento il passare in Italia, si affaticava piú che mai per la concordia tra Cesare e il senato viniziano: il quale, giudicando che il fare tregua stabilisse le cose di Cesare nelle terre che gli restavano, si risolveva con animo costante o di fare pace o di continuare in sulle armi, non si removendo da questa generosità per accidente o infortunio alcuno. Perché, oltre a tanti danni e tanti infelici successi avuti nella guerra, e il disperare che per quello anno il re di Francia mandasse esercito in Italia, avendo ancora contraria o l'ira del cielo o i casi fortuiti che dependono dalla potestà della fortuna, era stato in Vinegia, nel principio dell'anno, uno grandissimo incendio; il quale, cominciato di notte dal ponte del Rialto e aiutato da' venti boreali, non potendo rimediarvi alcuna diligenza o fatica degli uomini, distesosi per lunghissimo spazio, aveva abbruciato la piú frequentata e la piú ricca parte di quella città. Per la interposizione del pontefice allo accordo, si fece di nuovo tra Cesare e loro compromesso in lui, non ristretto a tempo alcuno e con ampia e indeterminata potestà; ma nondimeno con secreta promessa sua, confermata con cedola di propria mano di non pronunziare se non con consentimento di ciascuno: il quale compromesso come fu fatto, comandò per breve suo all'una parte e all'altra che sospendessino l'armi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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