Pagina (1265/2094)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Il rimanente dello esercito, intero nella sua ordinanza e spirando la medesima ferocia nel volto e negli occhi, ritornò in Milano; lasciati per le fosse, secondo dicono alcuni, quindici pezzi di artiglieria grossa, che avevano tolto loro nel primo scontro, per non avere comodità di condurla.
      Affermava il consentimento comune di tutti gli uomini non essere stata per moltissimi anni in Italia battaglia piú feroce e di spavento maggiore; perché, per l'impeto col quale cominciorono l'assalto i svizzeri e poi per gli errori della notte, confusi gli ordini di tutto l'esercito e combattendosi alla mescolata senza imperio e senza segno, ogni cosa era sottoposta meramente alla fortuna; il re medesimo, stato molte volte in pericolo, aveva a riconoscere la salute piú dalla virtú propria e dal caso che dall'aiuto de' suoi; da' quali molte volte, per la confusione della battaglia e per le tenebre della notte, era stato abbandonato. Di maniera che il Triulzio, capitano che avea vedute tante cose, affermava questa essere stata battaglia non d'uomini ma di giganti; e che diciotto battaglie alle quali era intervenuto erano state, a comparazione di questa, battaglie fanciullesche. Né si dubitava che se non fusse stato l'aiuto delle artiglierie era la vittoria de' svizzeri, che, entrati nel primo impeto dentro a' ripari de' franzesi, tolto la piú parte delle artiglierie, avevano sempre acquistato di terreno; né fu di poco momento la giunta dell'Alviano, che sopravenendo in tempo che la battaglia era ancor dubbia dette animo a i franzesi e spavento a i svizzeri, credendo essere con lui tutto l'esercito viniziano.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Milano Italia Triulzio Alviano