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      E fatta la conclusione, Tricarico andò subito in poste a Roma per persuadere al pontefice la ratificazione; e Lorenzo, acciò che il viceré avesse cagione di partirsi piú presto, ritirò a Parma e Reggio le genti che erano a Piacenza, ed egli andò al re per farsegli grato e persuadergli, secondo gli ammunimenti artificiosi del zio, di volere in ogni evento delle cose dipendere da lui. Non fu senza difficoltà indurre il pontefice alla ratificazione, perché gli era molestissimo il perdere Parma e Piacenza, e arebbe volentieri aspettato di intendere prima quel che deliberassino i svizzeri: i quali, convocata la dieta a Zurich, cantone principale di tutti gli elvezi e inimicissimo a' franzesi, trattavano di soccorrere il castello di Milano, nonostante che avessino abbandonato le valli e le terre di Bellinzone e di Lugarno ma non le fortezze, benché il re pagati seimila scudi al castellano ottenesse quella di Lugarno; ma non abbandonorono già i grigioni Chiavenna. Nondimeno, dimostrandogli Tricarico essere pericolo che il re non assaltasse senza dilazione Parma e Piacenza e mandasse gente in Toscana, e magnificando il danno che i svizzeri avevano ricevuto nella giornata, fu contento ratificare; con modificazione però di non avere egli o suoi agenti a consegnare Parma e Piacenza, ma lasciandole vacue di sue genti e di suoi officiali, permettere che il re se le pigliasse; che il pontefice non fusse tenuto a levare le genti da Verona per non fare questa ingiuria a Cesare, ma bene prometteva da parte di levarle presto con qualche comoda occasione; e che i fiorentini fussino assoluti dalla contrafazione pretensa della lega.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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