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      Per il che ripreso animo, ma non però confidando di difendere i borghi, si fermorno nella città, abbruciati pure per consiglio de' proveditori viniziani i borghi: i quali consigliorono cosí o perché giudicassino essere necessario alla difesa di quella terra o perché, con questa occasione, volessino sodisfare all'odio antico che è tra i milanesi e i viniziani. Cacciorono ancora della città, o ritenneno in onesta custodia, molti de' principali della parte ghibellina, come inclinati al nome dello imperio per lo studio della fazione e per essere nello esercito tanti della medesima parte.
      Cesare intratanto si pose con l'esercito a Lambrà, vicino a due miglia a Milano; dove essendo, arrivorno a Milano i svizzeri: i quali, mostrandosi pronti a difendere quella città, recusavano di volere combattere con gli altri svizzeri. La venuta loro rendé gli spiriti a' franzesi, ma molto maggiore terrore dette a Cesare. Il quale, considerando l'odio antico di quella nazione contro alla casa di Austria, e ritornandogli in memoria quello che, per trovarsi i svizzeri in tutti due gli eserciti oppositi, fusse accaduto a Lodovico Sforza, cominciò a temere che a sé non facessino il medesimo; parendogli piú verisimile ingannassino lui, che aveva difficoltà di pagargli, che i franzesi, a' quali non mancherebbono i danari né per pagargli né per corrompergli: e accrescevagli la dubitazione che Iacopo Stafflier, capitano generale de' svizzeri, gli aveva con grande arroganza domandata la paga; la quale, oltre alle altre difficoltà, si differiva perché, venendogli danari di Germania, gli erano stati ritenuti da' fanti spagnuoli che erano in Brescia, per pagarsi de' soldi corsi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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