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      Tagliavasi anche nel tempo medesimo il muro co' picconi; il quale, con tutto che puntellato, anticipò di cadere innanzi al tempo disegnato da' capitani. In Verona erano ottocento cavalli cinquemila fanti tedeschi e [mille cinquecento] spagnuoli sotto il governo di Marcantonio Colonna, non piú soldato del pontefice ma di Cesare; i quali, attendendo a riparare sollecitamente e provedendo e difendendo valorosamente per tutto dove fusse necessario, dimostravano ferocia grande: con somma laude di Marcantonio, il quale, ferito benché leggiermente da uno scoppietto nella spalla, non cessava di rappresentarsi a qualunque ora del dí e della notte, a tutte le fatiche e pericoli. Già l'artiglierie piantate da' franzesi in quattro luoghi dove erano le torri, tralla porta della cittadella e la porta di Santa Lucia, aveano fatta ruina tale che ciascuna delle rotture era capace a ricevere i soldati in ordinanza; né molto minore progresso avevano fatto quelle de' viniziani: e nondimeno Lautrech dimandava nuove artiglierie per fare la batteria maggiore, abbracciando prontamente, benché reclamando invano i viniziani i quali stimolavano si desse la battaglia, qualunque occasione che si offeriva di differire. Perché era accaduto che, venendo per il piano di Verona allo esercito ottocento bariglioni di polvere in sulle carra e molte munizioni, il volere i conduttori de' buoi entrare l'uno innanzi all'altro gli fece in modo accelerare che, per la collisione delle ruote suscitato il fuoco, abbruciò la polvere insieme con le carra e co' buoi che la conducevano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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