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      Ma agli assediati si aggiugneva un'altra difficoltà, perché nella città, stata vessata dalla propinquità degli inimici già tanti mesi, cominciavano a mancare le vettovaglie; non ve ne entrando se non piccola quantità e occultamente per la via de' monti. Standole cose di Verona [in questo termine], sopravennono [nove] mila fanti tedeschi mandati da Cesare per soccorrere quella città; i quali pervenuti alla Chiusa l'ottennero per concordia, e occuporno il castello della Corvara, passo in sul monte propinquo all'Adice verso Trento, stato nella guerra tra Cesare e i viniziani occupato dall'una parte e dall'altra piú volte. Per l'approssimarsi di questi fanti, Lautrech, o temendo o simulando di temere, levato il campo contro alla volontà de' viniziani, si ritirò a Villafranca e con lui una parte delle genti viniziane, l'altre sotto Giampaolo Manfrone si ritirorno al Boseto di là dall'Adice, col ponte preparato: né si dubitando piú che aspettava se Cesare accettava la concordia di Noion, come gli dava speranza uno mandato a lui dal re cattolico, i viniziani, disperati dell'espugnare Verona, mandorno tutte l'artiglierie grosse parte a Padova parte a Brescia. Dunque, non avendo ostacolo, i fanti tedeschi si fermorono alla Tomba dove prima alloggiava l'esercito franzese, donde una parte di loro entrò nella città, l'altra, restata fuora, attendeva a mettervi vettovaglie, le quali messe dentro si partirono; rimasti a guardia di Verona sette in ottomila fanti tedeschi, perché la maggiore parte degli spagnuoli, non potendo convenire co' tedeschi, era sotto il colonnello Maldonato passata nel campo viniziano: soccorso, a giudicio di ognuno, di piccolo momento, perché non condussono seco altri danari che ventimila fiorini di Reno mandati dal re di Inghilterra, e consumorono, mentre vi stettono, tante vettovaglie che pareggiorono quasi la quantità di quelle vi condussono.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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