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      Portò al re uno breve del pontefice per il quale gli concedeva che, insino a tanto che i danari riscossi della decima e della crociata non si avessino a spendere contro a' turchi, potesse spendergli ad arbitrio suo, promettendo restituirgli ogni volta che allo effetto per che era stata posta ne fusse di bisogno; convertendone però in uso di Lorenzo scudi cinquantamila: e il re, che insino a quel dí aveva dissimulato il non eseguire il pontefice la promessa, fattagli per breve, della restituzione di Modena e di Reggio, ancora che fusse passato il termine de' sette mesi, conoscendo non potere fare al pontefice cosa piú molesta che fargli instanza di questa restituzione, e tenendo, come spesso accade, piú conto de' maggiori che de' minori, rimesse in mano di Lorenzo il breve della promessa.
      Prorogorono anche, quasi nel tempo medesimo, i viniziani per mezzo del re di Francia, la tregua loro con Cesare per cinque anni, con condizione gli pagassino, ciascuno de' cinque anni, scudi ventimila; e nella quale era espresso che ciascuno anno pagassino a' fuorusciti delle terre loro, i quali avevano seguitato Cesare, il quarto delle entrate de' beni che prima possedevano; tassando pagassino per questa causa ducati cinquemila. E si sarebbe Cesare indotto per avventura, se gli avessino dato maggiore somma di danari, a fare la pace; ma al re era piú grata la tregua perché i viniziani, non assicurati del tutto, avessino maggiore cagione di tenere cara la sua amicizia, e perché a Cesare non fusse data facoltà di fare co' danari che avesse da loro qualche innovazione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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