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      Ma sopratutto generava nell'animo del nuovo Cesare stimoli ardentissimi il ducato di Borgogna, il quale occupato da Luigi undecimo per l'occasione della morte di Carlo duca di Borgogna, avolo materno del padre di Cesare, aveva sempre tormentato l'animo de' successori. Né mancavano stimoli o cause di controversie per cagione del ducato di Milano, del quale non avendo il presente re, dopo la morte di Luigi duodecimo, ottenuta né dimandata la investitura, e pretendendosi molte eccezioni alle ragioni che gli nascevano della investitura fatta allo antecessore e di invalidità e di perdita di ragioni, era bastante questo a suscitare guerra tra loro. Nondimeno, né i tempi né l'opportunità consentivano che per allora facessino movimento: perché, oltre che a Cesare era necessario ripassare prima in Germania, per pigliare in Aquisgrana, secondo l'uso degli altri eletti, la corona dello imperio, si aggiugneva che, essendo ciascuno di loro di tanta potenza, la difficoltà dello offendersi l'uno l'altro gli riteneva dallo assaltarsi se prima non intendevano perfettamente la mente e la disposizione degli altri príncipi, e specialmente (se si avesse a fare guerra in Italia) quella del pontefice. La quale, recondita dalle simulazioni e arti sue, non era nota ad alcuno e forse talvolta non resoluta in se medesimo: benché, piú presto per non avere occasione di negargliene senza offendere gravemente l'animo suo che per libera volontà, avesse dispensato Carlo ad accettare la elezione fattagli dello imperio, contro al tenore della investitura del regno di Napoli; nella quale, fatta secondo la forma delle antiche investiture, gli era proibito espressamente.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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