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      Ma in Italia non erano, per i successi infelici, allentati i pensieri della guerra; perché gli inimici de' franzesi, non pensando piú alla espugnazione di Parma né di altre terre, deliberavano di entrare piú dentro, nel ducato di Milano; aggiugnendo all'esercito tanti fanti italiani che in tutto fussino seimila, i quali continuamente si soldavano. Alla quale deliberazione gli faceva procedere piú audacemente la speranza che agli stipendi del pontefice scendessino di nuovo dodicimila svizzeri: i quali se bene, da principio, il cardinale sedunense, che nelle diete procurava apertamente contro a' franzesi, ed Ennio vescovo di Veroli nunzio apostolico e gli oratori di Cesare avessino recusati, perché non si concedevano se non per difesa dello stato della Chiesa e con espresso comandamento che non andassino a offendere lo stato del re di Francia, nondimeno, poiché altrimenti non gli potevano impetrare, gli aveano finalmente accettati eziandio con questa condizione; sperando, discesi che fussino in Italia, potere, mediante la loro avarizia e instabilità e le corruttele e l'arti che si userebbono co' capitani, indurgli a seguitare l'esercito contro al ducato di Milano. Né in questa deliberazione dell'andare innanzi era di molta dubitazione a quale parte s'avessino a dirizzare, perché nel continuare la guerra di qua dal fiume del Po apparivano manifestamente grandissime difficoltà: disperata era l'espugnazione di Parma; lasciandosi a dietro quella città bisognava andare a combattere con gli inimici, cosa evidentemente perniciosa perché erano alloggiati in luoghi forti e agli alloggiamenti disposta opportunamente copia grandissima di artiglierie; dimorare tra Parma e loro o procedere piú innanzi senza combattere non si poteva, perché stando tra le terre possedute da loro e l'esercito sarebbono in pochissimi dí mancate le vettovaglie, non si potendo né averne del paese inimico né condurne da lontano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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