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      Perché il pontefice, ancora che occultissimamente avesse già cominciato a prestare l'orecchie allo imbasciadore del re di Francia, temendo che i successi avversi e l'essere rimasto sopra lui quasi tutto il peso della guerra non dessino causa a Cesare o a' ministri di dubitare che egli, per uscire di tante difficoltà e pericoli, non volgesse l'animo a nuovi pensieri, giudicò niuna cosa potergli tanto assicurare, e per conseguente indurgli a procedere piú ardentemente alla guerra. La persona del quale, perché era il piú prossimo di sangue al pontefice e perché, con tutto che dimorasse quasi continuamente in Firenze, niuna cosa grave del pontificato si spediva senza sua partecipazione, portava seco quasi quella medesima autorità che arebbe portata seco la persona propria del pontefice. Giovava questo medesimo a sostenere la riputazione declinata della impresa, e a provedere che con maggiore unione si deliberassino, per la presenza d'uomo di tanta grandezza, le cose da' capitani: perché ogni dí appariva piú manifestamente la discordia tra Prospero Colonna e il marchese di Pescara; augumentata, oltre a altre cagioni, perché il marchese, levato che fu il campo a Parma, volendo trasferire in altri la infamia di quella deliberazione, aveva significato a Roma essere stato cosí deliberato senza consiglio o saputa sua.
      Da Casalmaggiore, dopo il riposo di un dí, si mosse l'esercito per il cremonese per accostarsi al fiume dell'Oglio; al quale pervenne in quattro alloggiamenti; non essendo in questo mezzo accaduta cosa alcuna di momento, eccetto che, mentre alloggiavano alla villa che si dice la Corte de' Frati, fu fatta grandissima quistione tra fanti spagnuoli e italiani, nella quale gli spagnuoli, piú col sapere usare l'opportunità dell'occasione che delle forze, ammazzorno molti di loro, pure per l'autorità e diligenza de' capitani si sopí presto la cosa; e il dí dinanzi Giovanni de' Medici, correndo verso gli inimici, i quali erano passati il Po piú alto verso Cremona, il dí medesimo che gli altri erano stati fermi a Casalmaggiore, roppe gli stradiotti de' viniziani guidati da Mercurio, co' quali erano alcuni cavalli de' franzesi; de' quali fu fatto prigione don Luigi Gaetano figliuolo di.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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