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      Avevano anche chiamato di Lombardia Giovanni de' Medici, non dubitando con questo presidio, pure che arrivasse al tempo debito, di assicurare le cose di Siena; le quali erano ridotte in gravissimo pericolo per essere la maggiore parte del popolo inimica al governo presente, e per l'odio antico co' fiorentini tutti malvolentieri comportavano che le genti loro entrassino in Siena: e accresceva il pericolo l'assenza del cardinale Petruccio, in luogo del quale se bene Francesco suo nipote facesse ogni opera possibile per sostenere le cose, nondimeno non era della medesima autorità che il cardinale. Però, non repugnando i principali, intenti a fuggire o a prolungare in qualunque modo il pericolo presente, avevano già mandato imbasciadori al duca di Urbino, subito che entrò nel territorio di Siena: il quale, benché da principio avesse dimandato la mutazione dello stato e trentamila ducati, aveva dipoi mitigato le dimande, in modo che non mediocremente si dubitava che, o per consentimento di quegli che reggevano o per movimento del popolo contro alla volontà loro, non si facesse tra il duca e i sanesi composizione. Pure, entrando continuamente in Siena gente de' fiorentini e risonando la fama dello essere già vicino Giovanni de' Medici e i svizzeri, quegli che erano alieni dall'accordo impedivano con maggiore animo si conchiudesse; in modo che il duca, accostatosi alle mura di Siena, non avendo nell'esercito suo piú di settemila uomini ma di gente collettizia, poiché vi fu dimorato uno giorno, raffreddandosi le speranze dello accordo e già vicini a una giornata i svizzeri, si levò dalle mura di Siena per ritirarsi nel suo stato.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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