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      La quale invenzione dovere essere non meno felice che ingegnosa dimostrò nel principio, con lieto augurio, la fortuna, concedendo che senza danno alcuno si potesse mettere in esecuzione; perché essendo caduta in terra una neve grandissima, Prospero, usando il beneficio del cielo, fece innanzi dí lavorare di neve due argini, alla similitudine de' quali voleva si facessino i ripari, da' quali rimanevano sicuri i lavoranti di non potere essere offesi dall'artiglierie che erano nel castello: le quali opere che si conducessino a perfezione dette comodità maggiore lo impedimento che dall'essere le montagne coperte di copia grandissima di neve riceveano i svizzeri a passarle.
      Nel quale tempo Lautrech, avendo con alcune genti mandate di là da Po fatto svaligiare in Firenzuola la compagnia de' cavalli leggieri di Luigi da Gonzaga, trovata negligentemente a dormire, riordinava le genti sue; e quelle de' viniziani, sotto Andrea Gritti e Teodoro da Triulzi, si raccoglievano intorno a Cremona: le quali, finalmente unite co' svizzeri, passorono il fiume dell'Adda il primo dí di marzo; essendo capo dello esercito Lautrech, all'autorità del quale non era derogato per la venuta del gran maestro e del grande scudiere. Venne a questo esercito nel tempo medesimo Giovanni de' Medici; il quale, benché condotto a soldi di Francesco Sforza si fusse mosso per andare a Milano, ove era aspettato con sommo desiderio per la espettazione grande che si aveva della sua ferocia, nondimeno, stimolato dagli stipendi maggiori e piú certi del re di Francia e allegando, per colore della sua cupidità, il non gli essere stati mandati i danari promessi da Milano, del parmigiano, ove avea saccheggiato la terra di Busseto perché ricusava di alloggiarlo, passò nel campo de' franzesi; il quale alloggiò due miglia appresso al castello tralle medesime vie Vercellina e Comasina.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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