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      Batteva intanto Lautrech le mura di Pavia da due parti, cioè al borgo di Santa Maria in Pertica verso il Tesino e a Borgoratto; e avendo gittato in terra trenta braccia di muro, dicono alcuni che a' dieci dí dette l'assalto invano, altri che non lo tentò, veduto quegli di dentro bene ripararsi e disposti a difendersi. Aggiugnevansegli molte difficoltà: l'essere già cominciati a mancare i danari i quali il gran maestro aveva condotti di Francia; carestia non piccola di vettovaglie, causata dalle pioggie grandissime per le quali era molto difficile il venirne all'esercito per terra né manco difficile il venirne su per il Tesino, perché le barche urtate dall'acque del fiume troppo grosse non potevano andare innanzi contro all'impeto del suo corso. Nel quale tempo Prospero, uscito con tutto lo esercito di Milano per accostarsi a Pavia, impedito dalle pioggie medesime, si era fermato a Binasco che è a mezzo il cammino tra Milano e Pavia; donde poi essendosi spinto alla Certosa che è nel barco a cinque miglia di Pavia, monasterio forse piú bello che alcuno altro che sia in Italia, Lautrech non sperando piú di pigliare Pavia, si ritirò col campo a Landriano, non molestato nel levarsi dagli inimici se non con leggiere scaramuccie. Da Landriano andò a Moncia, per ricevere piú facilmente i danari che gli erano mandati di Francia; i quali si erano fermati ad Arona, perché Anchise Visconte, mandato da Milano a questo effetto a Busto presso ad Arona, impediva non venissino piú innanzi. Questa difficoltà ridusse in ultimo disordine le cose de' franzesi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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