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      Ma essendosi in questa cosa consumati piú dí, accadde che il dí medesimo che le lancie franzesi erano entrate nella città, dietro alle quali venivano i fanti, veniva dall'altra parte l'esercito imperiale, e innanzi a tutti il marchese di Pescara colla fanteria spagnuola, non avendo per ancora i franzesi distribuite tra loro le guardie, anzi pieni tuttavia di confusione e di tumulto, come accade quando entrano ad alloggiare le genti d'arme in una terra; la quale occasione usando il marchese, con grandissima celerità assaltò uno borgo della città cinto di muraglia, nel quale, difeso leggiermente, entrato con piccola fatica, tutti i franzesi che erano nella città, spaventati da questo caso e perché ancora non erano entrati i fanti loro, si messono tumultuosamente in fuga verso il ponte che avevano gittato in su Adda; e gli spagnuoli, entrati nel tempo medesimo nella città per le mura e per i ripari, gli seguitorono insino al fiume, presi nella fuga molti soldati e, da Federico e Buonavalle infuori, quasi tutti i capitani: e col medesimo impeto saccheggiorno quella infelice città. Da Lodi andato il marchese a Pizzichitone l'ottenne a patti, e poco dipoi Prospero passò con tutto l'esercito il fiume dell'Adda per andare a campo a Cremona. Alla quale città come fu accostato, lo Scudo inclinò l'animo alla concordia: perché non avendo altra speranza di sostentarsi che la venuta dell'ammiraglio, il quale il re, desideroso di conservare quel che per lui si teneva ancora in quello stato, mandava in Italia con quattrocento lancie e diecimila fanti, assai provedeva alle cose sue se, senza mettersi in pericolo, poteva oziosamente aspettare quel che partoriva la sua venuta; e Prospero, da altra parte, desiderava spedirsi presto delle cose di Cremona per potere, innanzi che 'l soccorso degli inimici in Italia pervenisse, tentare di rimettere i fratelli Adorni in Genova.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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