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      Per virtú della quale capitolazione restò Rodi a' turchi, e i cristiani, essendo osservata loro la fede, passorono in Sicilia e poi in Italia; avendo trovato in Sicilia una armata di certe navi che si ordinava (ma tardi per colpa del pontefice) per mettere in Rodi, come avessino il vento prospero, rinfrescamento di vettovaglie e di munizioni: e partiti furono di Rodi, Solimanno, in maggiore dispregio della cristiana religione, fece l'entrata sua in quella città il giorno della natività del Figliuolo di Dio; nel quale dí, celebrato con infiniti canti e musiche nelle chiese de' cristiani, egli fece convertire tutte le chiese di Rodi, dedicate al culto di Cristo, in moschee; che secondo l'uso loro, esterminati tutti i riti de' cristiani, furono dedicate al culto di Maometto. Questo fine ignominioso al nome cristiano, questo frutto delle discordie de' nostri príncipi, ebbe l'anno mille cinquecento ventidue, tollerabile se almanco l'esempio del danno passato avesse dato documento per il tempo futuro. Ma continuandosi le discordie tra i príncipi, non furono minori i travagli dell'anno mille cinquecento ventitré.
      Nel principio del quale, i Malatesti, conoscendosi impotenti a resistere alle forze del pontefice, per interposizione del duca d'Urbino furono contenti lasciare Rimini e la fortezza; avuta intenzione, benché incerta, di avere qualche sostentamento per la vita di Pandolfo: il che non ebbe effetto alcuno. Andò dipoi il duca di Urbino al pontefice, appresso al quale e nella maggiore parte della corte facendogli favore la memoria gloriosa di Giulio pontefice, ottenne l'assoluzione dalle censure, e d'essere rinvestito del ducato d'Urbino ma con la clausula, senza pregiudizio delle ragioni; per non pregiudicare alla applicazione che era stata fatta a' fiorentini del Montefeltro, i quali dicevano avere prestato a Lione, per difesa di quello ducato, ducati trecento cinquantamila e averne spesi dopo la morte sua in diversi luoghi, per la conservazione dello stato della Chiesa, piú di settantamila.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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