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      La inclinazione de' quali come fu nota cominciorono molti degli altri, tirati, come spesso interviene ne' conclavi, da viltà o ambizione, a fare a gara di non essere degli ultimi a favorirlo; in modo che la notte medesima fu adorato per pontefice, di concordia comune di tutti, e la mattina seguente, che fu il giorno decimonono di novembre, fatta secondo la consuetudine la elezione per solenne scrutinio; il dí medesimo precisamente che due anni innanzi era vittorioso entrato in Milano. Credettesi che trall'altre cagioni gli avesse giovato l'entrata grande di benefici e uffici ecclesiastici, perché i cardinali quando entrorno nel conclave feciono concordemente una costituzione che l'entrate di quel che fusse eletto pontefice si distribuissino con eguale divisione negli altri. Voleva continuare nel nome di Giulio; ma ammonito da alcuni cardinali essersi osservato che quegli che, eletti pontefici, non aveano mutato il nome avevano tutti finita la vita loro infra uno anno, assunse il nome di Clemente settimo, o per essere vicina la festività di quel santo o perché alludesse allo avere, subito che fu eletto, perdonato e ricevuto in grazia il cardinale di Volterra con tutti i suoi: il quale cardinale benché Adriano avesse, negli ultimi dí della vita
      , dichiarato inabile a intervenire nel conclave, vi era entrato per concessione del collegio, e stato insino all'estremo pertinace perché Giulio non fusse eletto.
      Grandissima certamente per tutto il mondo era l'estimazione del nuovo pontefice; però la tardità della elezione, maggiore che già fusse accaduto lunghissimo tempo, pareva ricompensata con l'avere posto in quella sedia una persona di somma autorità e valore; perché aveva congiunta ad arbitrio suo la potenza dello stato di Firenze alla potenza grandissima della Chiesa, perché aveva tanti anni a tempo di Lione governato quasi tutto il pontificato, perché era riputato persona grave e costante nelle sue deliberazioni, e perché, essendo state attribuite a lui molte cose che erano procedute da Lione, ciascuno affermava esso essere uomo pieno di ambizione, di animo grande e inquieto e desiderosissimo di cose nuove; alle quali parti aggiugnendosi lo essere alieno dai piaceri e assiduo alle faccende, non era alcuno che non aspettasse da lui fatti estraordinari e grandissimi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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