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      e seguitorno, molte guerre, continuate molti mesi, si sono vinte piú con la industria con l'arti con la elezione provida de' vantaggi, che con l'armi.
      Queste cose si feciono in Italia l'anno mille cinquecento ventitré. Preparoronsi per l'anno medesimo con grande espettazione molte cose di là da' monti, le quali non partorirno effetti degni di tanti príncipi. Perché Cesare e il re di Inghilterra aveano convenuto insieme e promesso al duca di Borbone di rompere con armi potenti la guerra, l'uno in Piccardia l'altro nella Ghienna; ma i movimenti del re di Inghilterra furno nella Piccardia quasi di niuno momento, e quel che tentò il duca di Borbone nella Borgogna si dimostrò subito vano, perché, mancandogli i danari per pagare i fanti tedeschi, alcuni de' capitani convenuti col re di Francia ne ritrassero una parte, onde egli andò a Milano: ove Cesare, non gli piacendo che passasse in Ispagna forse per non dare perfezione al matrimonio, come era il suo desiderio, mandatogli per Beuren il titolo di luogotenente suo generale in Italia, lo confortò che si fermasse. Né dalla parte di Spagna procederono a Cesare le cose felicemente. Il quale, benché ardente alla guerra fusse venuto a Pampalona per entrare in Francia personalmente, e di già avesse mandato l'esercito di là da' monti Pirenei, il quale avea occupato Salvatierra non molto distante da San Gianni di Piè di Porto, nondimeno, essendo stata maggiore la prontezza che non era la potenza (perché, per mancamento di danari, né poteva sostentare tante forze quanto sarebbe stato necessario a tanta impresa né aveva, per la medesima cagione, potuto raccorre l'esercito se non quasi alla fine dell'anno, donde ne' luoghi freddi la stagione dell'anno gli moltiplicava le difficoltà, impedivano la strettezza delle vettovaglie difficili a condursi per tanto cammino), fu costretto a dissolvere l'esercito, ragunato contro al consiglio quasi di tutti: tanto che Federigo di Tolleto duca di Alva, principe vecchio e di autorità, diceva, nel fervore della guerra, Cesare, in molte cose simile al re Ferdinando avolo materno, rappresentare piú in questa deliberazione Massimiliano avolo paterno.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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