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      Nondimeno, non incitava principalmente il re di Inghilterra la speranza di conseguire con l'armi il reame di Francia, perché in questo conosceva innumerabili difficoltà, quanto la cupidità di Eboracense che la lunghezza de' travagli e la necessità delle guerre avesse finalmente a partorire che nel suo re avesse a essere rimesso l'arbitrio della pace, quale sapendo dovere dependere dalla sua autorità, pensava, in uno tempo medesimo, e fare risonare gloriosamente per tutto il mondo il nome suo e stabilirsi la benivolenza del re di Francia, al quale occultamente inclinava. Però non proponeva di obligarsi a quelle condizioni alle quali, se avesse [avuto] l'animo ardente a tanta guerra, era conveniente si obligasse.
      Questa occasione incitava Cesare alla guerra, e molto piú la speranza che la grazia l'autorità e il seguito grande che il duca di Borbone soleva avere in quel reame avesse a sollevare molto il paese. Perciò, con tutto che molti de' suoi lo consigliassino che, mancandogli danari e avendo compagni di fede incerta, deposti i pensieri di cominciare una guerra tanto difficile, consentisse che il pontefice trattasse la sospensione dell'armi, convenne col re di Inghilterra e col duca di Borbone: che il duca passasse nel reame di Francia con parte dello esercito che era in Italia; al quale, come avesse passato i monti, pagasse il re di Inghilterra ducati centomila per le spese della guerra del primo mese, restando in arbitrio suo o continuare di mese in mese questa contribuzione o di passare in Francia con esercito potente, per fare guerra dal primo dí di luglio per tutto il mese di dicembre, ricevendo dallo stato di Fiandra tremila cavalli e mille fanti con sufficiente artiglieria e munizione: che ottenendosi la vittoria, si restituisse al duca di Borbone lo stato toltogli dal re di Francia; acquistassesi per lui la Provenza, alla quale pretendeva per la cessione fatta dopo la morte di Carlo ottavo dal duca dell'Oreno ad Anna duchessa di Borbone, la quale tenesse con titolo di re; giurasse, innanzi al pagamento de' centomila ducati, il re di Inghilterra in re di Francia e prestassegli omaggio, il che non facendo, questa capitolazione fusse nulla; né potesse Borbone trattare, senza consenso di tutti due, col re di Francia: rompesse Cesare la guerra nel tempo medesimo da' confini di Spagna, e che gli oratori di Cesare e del re di Inghilterra procurassino che i potentati di Italia, per assicurarsi in perpetuo dalla guerra de' franzesi, concorressino con denari a questa impresa; cosa che riuscí vana, perché il pontefice non solo recusò di contribuire ma dannò espressamente questa impresa, predicendo che non solo non arebbe in Francia prospero successo ma che eziandio sarebbe cagione che la guerra ritornasse in Italia piú potente e piú pericolosa che prima.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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