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      Mitigò, gli animi di costoro il marchese di Pescara, andato a' loro alloggiamenti; ora scusando ora consolandogli ora riprendendogli: che quanto erano di virtú piú chiari, quanto piú era manifesto il loro valore, tanto piú si doveano sforzare di non essere superati da' fanti né di fede né di affezione verso Cesare, di cui si trattava non solamente l'onore e la gloria ma di tutti gli stati che aveva in Italia: la cui grandezza quanto amassino, a cui quanto desiderassino servire, non dovere mai avere maggiore occasione di dimostrarlo; e se tante volte aveano per Cesare esposta la vita propria, che vergogna essere, che cosa nuova, che ora recusassino mettere per lui vile quantità di pecunia? Dalle quali persuasioni e dalla autorità del marchese mossi, consentirono di ricevere per un mese quasi minima quantità di danari. Cosí raccolto tutto l'esercito, nel quale si diceano essere settecento uomini d'arme, pari numero di cavalli leggieri, mille fanti italiani e piú di sedicimila tra spagnuoli e tedeschi, partiti da Lodi il vigesimo quinto dí di gennaio, andorno il dí medesimo a Marignano; dimostrando volere andare verso Milano, o perché il re mosso dal pericolo di quella città si levasse da Pavia o per dare causa di partirsi da Milano a' soldati che vi erano alla custodia: nondimeno, passato poi appresso a Vidigolfo il fiume del Lambro, si dirizzorno manifestamente verso Pavia.
      Pagava il re nell'esercito [mille trecento] lancie diecimila svizzeri quattromila tedeschi cinquemila franzesi e settemila italiani, benché, per le fraudi de' capitani e per la negligenza de' suoi ministri, il numero de' fanti era molto minore.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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