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      Alla guardia di Milano era Teodoro da Triulzi con [trecento] lancie semila fanti tra grigioni e vallesi e tremila franzesi; ma quando gli imperiali si voltorno verso Pavia richiamò, da duemila in fuori, tutti i fanti all'esercito. All'uscita degli imperiali alla campagna, si disputava nel consiglio del re quello che fusse da fare; e... della Tramoglia,... della Palissa, Tommaso di Fois e molti altri capitani confortavano che il re si levasse coll'esercito dall'assedio di Pavia, e si fermasse o al monasterio della Certosa o a Binasco, alloggiamenti forti (come ne sono spessi nel paese) per i canali dell'acque derivate per annaffiare i prati. Dimostravano che in questo modo si otterrebbe presto, e senza sangue e senza pericolo, la vittoria; perché l'esercito inimico, non avendo danari, non poteva sostentarsi insieme molti dí ma era necessitato o a dissolversi o a ridursi ad alloggiare sparso per le terre: che i tedeschi che erano in Pavia, i quali, per non essere imputati di coprire la timidità con la scusa del non essere pagati, sopportavano pazientemente, creditori già dello stipendio di molti mesi, subito che e' fusse levato l'assedio dimanderebbono il pagamento; al quale non avendo i capitani modo di provedere né speranza apparente colla quale gli potessino, benché vanamente, nutrire, conciterebbono qualche pericoloso tumulto: non conservarsi insieme gli inimici con altro che colla speranza di fare presto la giornata; i quali, come vedessino allungarsi la guerra e discostarsi l'opportunità del combattere, si empierebbono di difficoltà e di confusione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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