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      Né ebbe migliore successo la cura data a Gian Lodovico Palavicino; il quale, entrato con quattrocento cavalli e dumila fanti in Casalmaggiore, dove non erano mura, e fattivi ripari e occupato dipoi San Giovanni in Croce, cominciò di quel luogo a correre il paese, attendendo quanto poteva a rompere le vettovaglie. Però Francesco Sforza, che era a Cremona, fatto con difficoltà mille quattrocento fanti, gli mandò con pochi cavalli di Ridolfo da Camerino e co' cavalli della sua guardia verso Casalmaggiore, sotto Alessandro Bentivoglio; i quali accostatisi, il Palavicino col quale era Niccolò Varolo soldato de' franzesi, il decimo ottavo dí di febbraio, confidando nello avere piú gente, non aspettato Francesco Rangone che doveva venire con altri fanti e cavalli, uscito fuora si attaccò con loro; e volendo sostenere i suoi che già si ritiravano, fatto cadere da cavallo, fu fatto prigione e tutti i suoi rotti e dissipati.
      Aggiunsesi alle cose del re di Francia un'altra difficoltà: perché Gian Iacopo de' Medici da Milano, castellano di Mus, dove era stato mandato dal duca di Milano per l'omicidio fatto di Monsignorino Ettor Visconte, posto di notte uno agguato a canto alla rocca di Chiavenna, situata in su uno colle a capo del lago e distante dalle case del castello, prese il castellano, uscito fuora a passeggiare, e condotto subito alla porta della rocca minacciando di ammazzarlo, indusse la moglie a dargli la rocca; il che fatto, egli, immediate, scopertosi di un altro agguato con trecento fanti ed entrato per la rocca nella terra, la prese: donde le leghe de' grigioni, pochi dí innanzi al conflitto, revocorno i seimila grigioni che erano nello esercito del re.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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