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      Il decimo settimo dí di febbraio, quegli di Pavia usciti fuora scaramucciorno con la compagnia di Giovanni de' Medici, il quale onorevolmente gli rimesse dentro; e ritornando poi a mostrare all'ammiraglio il luogo e le cose accadute nella fazione, essendo ascosti alcuni scoppettieri in una casa, fu ferito con uno scoppio sopra 'l tallone e rottogli l'osso, con dispiacere grande del re; per la quale ferita fu necessitato farsi portare a Piacenza. Per la ferita del quale si rimesse, nelle scaramuccie e negli assalti subiti, tutta la ferocia del campo franzese; e quegli di Pavia, uscendo ogni dí fuora con maggiore ardire, e avendo abbruciata la badia di San Lanfranco, sempre battevano i franzesi, i quali parevano molto inviliti; e la notte de' diciannove venendo i venti, il marchese di Pescara con tremila fanti spagnuoli assaltò i bastioni de' franzesi, e salito (secondo scrive il Numaio) su per i ripari, ammazzò piú di cinquecento fanti e inchiodò tre pezzi di artiglieria.
      Finalmente, non essendo possibile a' capitani imperiali sostenere piú, per mancamento di danari, l'esercito loro in quello alloggiamento, e considerando che ritirandosi non solo si perdeva Pavia ma restavano senza speranza di difendere l'altre cose che possedevano del ducato di Milano, avendo anche grandissima confidenza di ottenere la vittoria per la virtú de' soldati loro e perché nell'esercito franzese erano moltissimi disordini, e oltre a esserne partiti molti fanti non corrispondendo il numero, di lunghissimo intervallo, a quegli che erano pagati: la notte avanti il vigesimoquinto dí di febbraio, giorno dedicato secondo il rito de' cristiani all'apostolo Matteo e il medesimo dí natale di Cesare, deliberati, secondo dicono alcuni, di assaltare l'esercito del re, altri dicono, di andare a Mirabello dove alloggiavano alcune compagnie di cavalli e di fanti, con intenzione, non si movendo i franzesi, di avere liberato lo assedio di Pavia, e movendosi, tentare la fortuna della giornata, - però avendo (secondo scrivono alcuni) fatto dare nelle prime parti della notte piú volte all'armi per straccare i franzesi, fingendo volergli assaltare verso il Po, Tesino e San Lazzero, dipoi, a mezza notte, essendosi per comandamento de' capitani tutti i soldati messi una camicia bianca sopra l'armi per segno di riconoscersi da' franzesi, fatto (secondo scrive il Cappella) due squadre di cavalli e quattro di fanti, nella prima seimila fanti divisi in parti eguali di tedeschi spagnuoli e italiani sotto il marchese del Guasto, la seconda solo di fanti spagnuoli, la terza e quarta di tedeschi; - e arrivati al muro del barco, con muratori ed eziandio con aiuto de' soldati, essendo qualche ora innanzi giorno, gittorno in terra sessanta braccia di muro, secondo il Cappella: il Numaio, che andorno alle due porte del barco, presonle ed etiam gittorno a terra piú braccia di mura secondo il Barba, roppeno in piú luoghi il muro del barco per fare in uno tempo tre assalti: uno con tremila fanti tra lanzi e spagnuoli alla volta di Mirabello, dove (secondo lui) alloggiava il re con parte dello esercito; l'altro nel resto delle genti d'arme che erano piú a basso co' svizzeri, nel bosco grande del barco, e questi due assalti non con grande sforzo ma tanto che intratenesse; e col resto del campo assaltare al traverso del campo franzese.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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