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      Ma cominciorono e scopersonsi le querele e i dispiaceri quando il re di Francia passò alla impresa di Milano. Perché se bene il papa, secondo che scrisse poi nel breve suo querelatorio a Cesare, desse occultamente qualche quantità di danari nel ritorno di Marsilia, nondimeno dipoi non si era stretto e inteso con loro, ma subito che il re ebbe acquistato la città di Milano, parendogli che le cose sue procedessino prosperamente, aveva capitolato con lui; e ancora che egli se ne scusasse con Cesare, allegando che in quel tempo, non avendo i capitani suoi per spazio di venti dí significatogli alcuno de' loro disegni, e dipoi disperando della difesa di quello stato e temendo eziandio di Napoli, e spingendosi il duca d'Albania con le genti verso Toscana, era stato necessitato pensare alla sicurtà sua, ma non avere però potuto in lui tanto il rispetto del proprio pericolo che e' non avesse accordato con condizioni per le quali non manco si provedeva alle cose di Cesare che alle sue, e che e' non avesse disprezzato partiti grandissimi offertigli dal re di Francia perché entrasse seco in confederazione; nondimeno non avevano operato le sue escusazioni che e' non se ne fusse turbato molto Cesare e i suoi ministri, non tanto perché e' si veddono privati al tutto della speranza di avere piú da lui sussidio alcuno quanto perché e' dubitorno che la capitolazione non contenesse piú oltre che obligazione di neutralità, e perché e' parve loro che in ogni caso l'avesse dato troppa riputazione alla impresa franzese, e perché temerono ancora che il papa non fusse mezzo che i viniziani seguitassino lo esempio suo; il che essere stato vero si certificorono dipoi, per lettere e per brevi che dopo la vittoria furono trovati nel padiglione del re prigione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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