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      È stata certo cosa grandissima a pigliare il re di Francia, ma chi considererà bene la troverà senza comparazione maggiore a lasciarlo; né sarà mai tenuto prudenza il fare una deliberazione di tanto momento senza lunghissime consulte e senza rivoltarsela infinite volte per la mente. Né sarei forse in questa sentenza se io mi persuadessi che il re, liberato al presente, riconoscesse tanto benefizio con la debita gratitudine; e che il papa e gli altri d'Italia deponessino insieme col sospetto la cupidità e l'ambizione: ma chi non conosce quanto sia pericoloso fondare una risoluzione tanto importante in su uno presupposito tanto fallace e tanto incerto? anzi, chi considera bene la condizione e costumi degli uomini ha piú presto a giudicare il contrario, perché di sua natura niuna cosa è piú breve niuna ha vita minore che la memoria de' benefici; e quanto sono maggiori tanto piú, come è in proverbio, si pagano con la ingratitudine: perché chi non può o non vuole scancellargli con la remunerazione, cerca spesso di scancellargli o col dimenticarsegli o col persuadere a se medesimo che e' non sieno stati sí grandi; e quegli che si vergognano di essersi ridotti in luogo che abbino avuto bisogno del benefizio si sdegnano ancora di averlo ricevuto, in modo che può piú in loro l'odio, per la memoria della necessità nella quale sono caduti, che l'obligazione per la considerazione della benignità che a loro è stata usata. Dipoi, di chi è piú naturale la insolenza piú propria la leggerezza, che de' franzesi? dove è la insolenza è la cecità; dove è la leggerezza non è cognizione di virtú, non giudizio di discernere le azioni d'altri, non gravità da misurare quello che convenga a se stesso.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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