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      Che adunque si può sperare di uno re di Francia, enfiato di tanto fasto quanto ne può capere in uno re de' franzesi, se non che arda di sdegno e di rabbia di essere prigione di Cesare, nel tempo che e' pensava di avere a trionfare di lui? sempre gli sarà innanzi agli occhi la memoria di questa infamia né, liberato, crederà mai che il mezzo di spegnerla sia la gratitudine, anzi il cercare sempre di esservi superiore: persuaderà a se medesimo che voi lo abbiate lasciato per le difficoltà del ritenerlo, non per bontà o per magnanimità. Cosí è quasi sempre la natura di tutti gli uomini, cosí sempre quella de' franzesi, da' quali chi aspetta gravità o magnanimità aspetta ordine e regola nuova nelle cose umane. In luogo adunque di pace e di riordinare il mondo sorgeranno guerre maggiori e piú pericolose che le passate, perché la vostra riputazione sarà minore e lo esercito vostro che aspetta il frutto debito di tanta vittoria, ingannato delle speranze sue, non arà piú la medesima virtú e vigore, né le cose vostre la medesima fortuna, la quale difficilmente sta con chi la ritiene non che con chi la scaccia. Né sarà di altra sorte la bontà del papa e de' viniziani; anzi, pentiti di avervi lasciato conseguire la passata vittoria, cercheranno di impedirvi le future, e la paura che hanno ora di voi gli sforzerà a fare ogni opera di non avere a ritornare in nuova paura; e, dove è in potestà vostra di tenere legato e attonito ognuno, voi medesimo con una dissoluta bontà sarete quello che gli farete sciolti e arditi.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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