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      Perché il re di Inghilterra, ancora che avesse tenuto diverse pratiche e dimostrato in molte cose variazione di animo, nondimeno, pochi dí innanzi alla giornata, esclusi tutti i maneggi che aveva avuti col re, aveva publicato di volere passare in Francia se in Italia succedesse qualche prosperità: però era grande il timore che, in tanta opportunità, Cesare ed egli non rompessino la guerra in Francia; dove, per non essere altro capo che una donna e i piccoli figliuoli del re, del quale il primogenito non aveva ancora finiti otto anni, e per avere loro seco il duca di Borbone, signore di tanta potenza e autorità nel regno di Francia, era pericolosissimo ogni movimento che e' facessino. Né alla madre, in tanti affanni che aveva per l'amore del figliuolo e per i pericoli del regno, mancavano le passioni sue proprie; perché, ambiziosa e tenacissima del governo, dubitava che, allungandosi la liberazione del re e sopravenendo in Francia qualche nuova difficoltà, non fusse costretta cedere l'amministrazione a quegli che fussino deputati dal regno. Nondimeno, in tanta perturbazione raccolto l'animo da lei e da quegli che gli erano piú appresso, oltre al provedere, piú presto potettono, le frontiere di Francia e ordinare gagliarde provisioni di danari, scrisse madama la reggente, per ordine e in nome della quale si spedivano tutte le faccende, a Cesare lettere supplichevoli e piene di compassione, con introdurre e poi sollecitare, di mano in mano, quanto potette le pratiche dello accordo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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